Ci sono testi che fanno la storia di una disciplina, non solo per l’analisi che propongono, ma per la capacità di azzeccare la metafora. Lungo tutto il corso della cosiddetta Seconda Repubblica, il rapporto fra politici e politici, e fra politici e giornalisti, è stato Come nella boxe, secondo un celebre saggio di Omar Calabrese, che a sua volta riprende uno scritto di Roland Barthes. Non è stato, però un incontro di boxe quello che abbiamo visto a Porta a Porta ieri, 19 maggio 2014.
È ingiusto con se stesso Grillo a dichiararsi non democratico durante le consultazioni tra Partito Democratico e MoVimento 5 Stelle. Soprattutto perché il cuore del suo discorso non è antidemocratico, è antipolitico, e nello specifico antiparlamentare. Ma una domanda rimane: cosa ci fa una forza politica antiparlamentare in Parlamento? Vive – e prospera – della sua stessa presenza. Di una coerenza che, sarà la lente a volte distorta del video, si fa format.
Per uno studioso di comunicazione politica che si sia formato in piena Seconda Repubblica, la metafora della “staffetta” rimanda agli albori della politica-spettacolo (Statera, 1986), all’immagine di Craxi che, nel febbraio del 1987, adombra in televisione la possibilità di non “cedere il testimone” ad una Presidenza del Consiglio democristiana. Sono i primi effetti di quel nuovo dominio della trasparenza che investe una politica ormai incapace di tenere i cittadini all’oscuro del privato dei suoi leader, si tratti delle loro relazioni sentimentali o degli accordi che stringono più o meno alla luce del sole (Thompson, 2005).
L’atmosfera da cambio di regime che attraversa la politica italiana in queste ore convulse è resa con efficacia dai titoli della stampa nazionale ed internazionale. La cronaca della staffetta tra il dimissionario Berlusconi e il presidente del consiglio in pectore Monti domina sulle prime pagine dei quotidiani italiani, che danno sfogo al giubilo per la “liberazione” raggiunta, o, sul versante opposto, esprimono scetticismo sulla figura dell’uomo individuato da Napolitano per gestire questa fase di delicato riassestamento della situazione politica e finanziaria del paese.
Il vero terzo polo è il MoVimento “5 stelle” di Beppe Grillo. È questa una delle interpretazioni più ricorrenti sulla stampa quotidiana all’indomani delle elezioni amministrative.
Apre così Il Fatto quotidiano, con un articolo di Fabrizio d’Esposito, che sottolinea come l’affermazione principale di Grillo avvenga proprio a Bologna, città natale di Fini e Casini, leader di quel terzo polo che esce dalle urne più traballante che mai.