Olanda, giallo sulla pubblicazione dei risultati

Immagine principale: 

Bruxelles - Sta nascendo un vero e proprio "caso" riguardo la pubblicazione di ieri dei primi risultati delle elezioni europee nei Paesi Bassi, contrariamente a quanto previsto dalle istituzioni comunitarie. La Commissione Europea infatti, ha diramato un comunicato nel quale si richiede al più presto un "chiarimento da parte dell'Olanda". I dati, appunto, come da regolamento sarebbero dovuti apparire soltanto domenica notte, ad elezioni concluse. "Vogliamo sapere chi ha diffuso l'informazione, in che momento, e a chi", prosegue la nota. In arrivo, forse, qualche provvedimento disciplinare, anche se la Commissione intende "dare alla parte interessata la possiblità di spiegarsi prima di prendere una decisione".

I risultati parziali fatti circolare in Olanda rendono nota la percentuale molto bassa dei votanti, il 36,7%, più bassa di 3 punti rispetto alle elezioni europee del 2004. Il primo posto è dei Cristiani Democratici (Cda) del premier Jan Peter Balkenende, che vede aggiudicarsi 5 seggi con il 20% dei voti. Ma la vittoria più importante (e non solo moralmente) è quella di Gert Wilders (nella foto) e del Pvv, il Partito per la Libertà, che ha ottenuto il 16,9% dei voti, ottenendo 4 seggi. Fautore di una politica anti-islamista e fortemente contrario all'ingresso della Turchia nell'Ue, il Pvv ha nel suo leader il segreto del suo successo. Wilders infatti, gode di una popolarità che cresce di continuo, nonostante viva sotto scorta e sia stato bollato come persona "non gradita" dal Regno Unito. È conosciuto soprattutto per aver pubblicato un film, Fitna, che dimostrerebbe, secondo lui, le affinità tra il il Corano e il "Mein Kampf" di Hitler.

Viene confermata quindi la tendenza che si temeva alla vigilia, ossia una copiosa avanzata dei partiti a matrice "islamofobica", basata sul neofascismo, xenofobia e razzismo. I banchi di prova sono altri stati a rischio, come Austria, Belgio, Danimarca, Polonia, Finlandia, Romania, Slovacchia, paesi in cui il voto della destra estrema oscilla tra il 10% e il 15%, come documentato anche da una recente inchiesta de "L'Espresso". Adesso la parola spetta alle urne.
 
di Sebastiano Davoli