Non appari mai

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Tu non sei, non sei più in grado
neanche di dire SE!
quello che hai in testa l'hai pensato te!
Qui non sei, non sei NESSUNO
qui non si esiste più
se non si appare mai in TI VU!
(Vasco Rossi, Non appari mai, in Gli Spari Sopra - 1993)

 

 

Perché Bruno Vespa ha deciso di costruire la seconda puntata della ventesima stagione del suo Porta a Porta attorno alla figlia e al nipote di Vittorio Casamonica? Da profondo conoscitore delle logiche televisive, anche e forse soprattutto di quelle “perverse” che giocano sulla straordinaria vendibilità del male, il conduttore certo sapeva che avrebbe ottenuto ottimi ascolti, ma anche scatenato grandi polemiche. La domanda è: si tratta di elementi che vanno su piatti diversi della bilancia?

 

Un paio d’anni fa, richiesto dal collega Guido Vitiello di intervenire in un dibattito a più voci sul tema dei grandi processi televisivi, ipotizzai in un saggio (Ruggiero, 2013) che fosse possibile immaginare, nei corsi e ricorsi storico-televisivi, una linea rossa che univa la scelta delle arene televisive del talk di coprire con inusitata assiduità i grandi processi di Tangentopoli nella metà degli anni Novanta, i grandi delitti familiari nei primi anni Duemila, i piccoli processi alla classe politica ri-trovata con le mani nel sacco vent’anni dopo la fine della cosiddetta Prima Repubblica.

Il meccanismo sottostante è relativamente semplice: mettere in scena e giovarsi televisivamente dei rituali di degradazione di cui parlano Giglioli, Cavicchioli e Fele (1997) in riferimento ai tele-processi di Mani Pulite. Ma è anche straordinariamente cangiante: una volta che i colpevoli, veri o presunti, abbiano imparato come presentarsi davanti all’accusatore mediale, e che quest’ultimo abbia compreso la possibilità di scindere il suo ruolo da quello dell’apparato giudicante ufficiale al punto da porsi come suo concorrente, i risultati tutt’altro che prevedibili. Come sottolinea Morcellini in apertura del numero di Comunicazionepuntodoc dedicato alle fortune della “nera” in Italia (2012, pag. 29) “i delitti contemporanei sembrano quasi concepiti, consumati come se avessero un kit di ufficio stampa al seguito: gli orari, l’efferatezza, le “verità” raccontate alle telecamere ci dicono molto sul modo impressionante in cui in Italia la qualità della cronaca nera è cambiata”.

Così, la “mamma di Cogne” riesce, con le sue lacrime prima al Maurizio Costanzo Show e poi, serialmente, a Porta a Porta, a farsi diva, e in qualche modo ad entrare in quella schiera di individui talmente straordinari da non essere giudicabili con i medesimi criteri validi per l’umanità comune – una legge nota almeno dalla riflessione di Morin (1962) in poi. Imparata la lezione, un’esponente di secondo piano della Lega Nord, la Vicepresidente del Senato Rosi Mauro, che nel copione della politica non spettacolarizzata avrebbe ricoperto il ruolo del colpevole o almeno del capro espiatorio per la malagestione dei fondi pubblici da parte del movimento che si era fatto paladino del popolo contro i “ladroni” della politica romana, gioca all’imputata con estrema cognizione di causa sia nel salotto di Porta a Porta che in quello di Matrix (Ruggiero, 2012).

 

Ed eccoci alla quarta fase. Con una differenza fondamentale: i Casamonica “minori”, dei quali si discute la caratura morale, non sono stati un esempio di nuovo divismo televisivo, ed è per questo difficile sostenere siano usciti vincenti dalla puntata di Porta a Porta di martedì 8 settembre.

Più facile sostenere che l’Assessore alla Legalità del Comune di Roma invitato la sera successiva per una puntata “riparatrice” sia stato facilmente “sopraffatto” da Vespa; ma i due contesti non sono comparabili. Nel corso della serata “incriminata”, il conduttore aveva, al netto degli imperativi morali che si possono attribuire al Servizio Pubblico Radiotelevisivo, il dovere di trattare i suoi ospiti con la blanda cortesia e di condurre l’altrettando blanda investigazione intorno alla domanda “Perché quel funerale da Padrino?”. Un dovere inscritto nel patto comunicativo che sta alla base del talk show che conduce da ormai venti stagioni (Ruggiero, 2014b). La serata “riparatoria” era un attacco al suo programma, al suo modo di fare televisione, alla sua concezione di Servizio Pubblico (nel bene e nel male, quella che un tempo era indirizzata dall’”editore di riferimento” e oggi indulge placidamente nel soddisfare il fascino della “nera”); dunque, Vespa non era quello di sempre, poteva e voleva usare il suo ruolo di padrone di casa per sottrarsi all’altro ruolo, ben più scomodo, dell’imputato.

Ma torniamo a Vera e Vittorino Casamonica. Dalla performance televisiva emerge un’arroganza detta dall’autodichiarato “analfabetismo”, o forse l’inverso. Se la citazione non fosse troppo pregiata si potrebbe parlare di banalità del male di fronte a due persone che sembrano ricondurre ogni elemento di “accusa” a un livello puramente denotativo – la musica del “Padrino” era semplicemente quella del film preferito del defunto, l’immagine che lo accosta a quella del Papa un’istantanea del suo modo di vestire, bizzarra solo nella misura in cui non si vedono i pantaloni blu, la questione dell’elicottero è una mera faccenda di regolamenti aerei – rifiutando le il livello connotativo di tutti questi oggetti semiotici (Volli, 1994), che pure Vespa avanza senza riserve, con una tenuta scenica decisamente poco appealing.

Perché, dunque, invitare Vera e Vittorino Casamonica, due “cattivi” così poco televisivi? Una risposta viene dal celebre brano rock citato in apertura, che offre anzi una spiegazione valida per entrambe le parti. L’ampissimo trattamento tele-giornalistico dei funerali del 20 agosto aveva, intenzionalmente o meno, fatto apparire poco i protagonisti “sul campo” di quella cerimonia: che si trattasse di dimostrare la loro continuità di sangue e di spada con Vittorio, o di staccarsene e proclamarsi “ramo cadetto” della famiglia, per i due l’unica chance di esistere era apparire in tv. Vespa sapeva che su questo piano poteva avere l’esclusiva, e infatti gli ascolti di Porta a Porta si sono dimostrati anche troppo generosi per una faccenda sulla quale, tecnicamente, non c’era più molto da dire.

 

Last but not the least, negli anni il conduttore di Porta a Porta ha saputo trarre beneficio anche dalla sua “cattiva reputazione”, conscio del fatto che il personaggio che è stato creato attorno a lui da osservatori e opinionisti tutto sommato vende. Ne è ennesima dimostrazione la fortuna della pagina Facebook Bruno Vespa invita gente, bell’esempio di quell’operazione di assorbimento, decodifica e ricodifica satirica di un’immagine e un messaggio politico da parte degli utenti della Rete detto polbusting (De Kerckhove, Susca, 2008). Perché, citando un altro motto dell’immaginario, dopo tutto cosa sarebbe il mondo senza Capitan Uncino?

  di Christian Ruggiero