Come nella scherma

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Ci sono testi che fanno la storia di una disciplina, non solo per l’analisi che propongono, ma per la capacità di azzeccare la metafora. Lungo tutto il corso della cosiddetta Seconda Repubblica, il rapporto fra politici e politici, e fra politici e giornalisti, è stato Come nella boxe, secondo un celebre saggio di Omar Calabrese, che a sua volta riprende uno scritto di Roland Barthes. Non è stato, però un incontro di boxe quello che abbiamo visto a Porta a Porta ieri, 19 maggio 2014.

 

Difficile fare un’analisi tematica della puntata, Vespa ha “punzecchiato” Grillo su tutti i temi principali della campagna, e il fatto che abbia dedicato tanto spazio al rapporto tra i leader è solo un riflesso di quanto questo tema risulti centrale nel panorama dei talk a una settimana dal voto. Ma c’è un grande assente: gli scandali. Vespa non li cita, Grillo non li chiama in causa. La sinistra è ancora quella che ha inquinato le casse del Monte dei Paschi di Siena, non è quella di Francantonio Genovese. La destra è quella delle promesse non mantenute, come il milione di posti di lavoro che è ancora in grado di far strabuzzare gli occhi al vecchio Comico, strappando un moto di simpatia al Conduttore, più che quella di Scajola e di Dell’Utri.

L’intervista è stata a tutto campo, di quelle che avrebbero fatto infuriare il Cavalier Silvio Berlusconi, di quelle che impiegano troppo tempo a spiegare le cause e gli effetti della situazione attuale, piuttosto che suggerire agli italiani chi sia meglio votare nel segreto dell’urna. Un primo segno di grande maturità del Comico e del Conduttore.

 

Ancor più interessante il non detto. Non i retroscena, ma le movenze. Nell’anteprima e in apertura, Grillo (giacca sportiva blu, camicia bianca fuori dai jeans) misura a grandi passi lo studio di Vespa. Un modo per rendere inequivocabilmente la sua natura di alieno. Ma le sue intenzioni non sono distruttive. Una volta “convinto” da Vespa ad accomodarsi, urla, certo, ma mai contro il conduttore. Urla rivolto verso il pubblico, tenendosi al bracciolo sinistro della sua poltroncina, torcendolo, costringendo quel povero attrezzo di scena a una doppia tortura. Quella poltroncina non è fatta per guardare il pubblico, chi guarda Porta a Porta da qualche anno ha temuto potesse addirittura rovesciarsi, per una volta che non era “puntata” verso l’interlocutore, conduttore o leader/giornalista “avversario” che sia. A trascrivere una per una le domande, l’intervista è perfino dura, ficcante: un genere che pochi credono ancora Vespa in grado di gestire, e infatti in molti gridano alla vittoria del Conduttore. Ma il Comico in fin dei conti non è mai stato interrotto. I due mondi hanno dimostrato di non riuscire a comunicare, a trovare una lingua con la quale intendersi, ma si sono rispettati. Grillo non ha risposto fino in fondo a molte domande di Vespa, il Conduttore l’ha rintuzzato finché ha potuto, poi ha dovuto arrendersi all’incomunicabilità, che era in fin dei conti il centro dell’argomentazione del Comico – la rivendicazione di una diversità così radicale da non consentire confronti con quelli che son stati definiti “morti”.

 

Ma le metafore e le parole-chiave di Grillo a Porta a Porta, il 19 maggio, appartengono a tutt’altro registro: il MoVimento rappresenta un sogno, i suoi esponenti nelle istituzioni hanno la capacità di rinnovarle perché possiedono la dote ormai introvabile dell’onestà. Il Conduttore è incredulo, continua a ripetere che non si cambiano le cose salvo ottenere il 51% alle elezioni, che occorre allearsi; che non si esce dall’Europa con un referendum, che è sbagliato far credere una cosa simile ai cittadini; che dal gioco d’azzardo e dai tagli alle pensioni d’oro non si ottengono abbastanza fondi per garantire il reddito di cittadinanza. Ma se Grillo gioca la parte di Peter Pan, Vespa rinuncia a vestire i panni di Capitan Uncino. Non è aggressivo, è quasi paternalista, al sogno si contrappone una realtà che quel sogno non lo esclude, semplicemente non lo capisce, ma non ha intenzione di distruggerlo.

 

Il Comico ha mantenuto la sua identità, ha stupito con la sua relativa politeness, ha scosso il meccanismo artificioso del talk (in una delle ultime battute apostrofa Vespa con un “Non riesco a rilassarmi con te, perché hai questa calma finta”), ha detto la sua davanti a una platea che non è il suo target di riferimento (anche se la domanda di Vespa “Mi vieni a dire che quelli che guardano Porta a Porta non si sono nascosti sotto al letto?” non è solo un gioco retorico), ha dimostrato di saper stare alle regole del gioco e piegare il format alle sue esigenze quel tanto che basta per non rompere il giocattolo. Il Conduttore ha lanciato molti attacchi molto ben congeniati, ha parato con un sorriso anche i colpi più duri (quel “Abbiamo tolto la violenza dalle strade. Son venuto a dimostrarti che non sono né Hitler né Stalin, d’altronde mi conosci da 20 anni. Se qui non si è creato un partito violento… lo sai lo ha creato il tuo papà” che richiama la presunta parentela con Mussolini), ha rivendicato la sua familiarità anche con il più anti-televisivo dei leader.

 

È stato un bellissimo incontro. Talmente bello che ho perso il conto delle stoccate andate a segno, e non saprei dire chi abbia vinto.

  di Christian Ruggiero