Caro Bersani ti scrivo

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Nell’ultima settimana abbiamo avuto diversi indizi per capire la campagna che verrà. E tutti questi indizi sembrano segnare l’inizio di una campagna molto televisiva, che riporta in auge strategie di contenimento delle performances spettacolari di Silvio Berlusconi, e di tutela di un alfiere dello slow thinking (Bourdieu, 1997) come Pier Luigi Bersani.

Dibattito o non dibattito? Per rispondere, può essere utile un breve tentativo di rilettura degli ultimi avvenimenti mediali in una prospettiva storica, magari canticchiando un motivetto che per certi versi contiene parole profetiche.

 

 

Caro amico ti scrivo così mi distraggo un po'
e siccome sei molto lontano più forte ti scriverò.
Da quando sei partito c'è una grossa novità,
l'anno vecchio è finito ormai
ma qualcosa ancora qui non va.

Si esce poco la sera compreso quando è festa
e c'è chi ha messo dei sacchi di sabbia vicino alla finestra,
e si sta senza parlare per intere settimane,
e a quelli che hanno niente da dire
del tempo ne rimane.

Ma la televisione ha detto che il nuovo anno
porterà una trasformazione
e tutti quanti stiamo già aspettando
sarà tre volte Natale e festa tutto il giorno,
ogni Cristo scenderà dalla croce
anche gli uccelli faranno ritorno.
(Lucio Dalla, L’anno che verrà, RCA, 1979)

 

 

Il dilagare di Silvio Berlusconi non ha risparmiato neppure contenitori e conduttori storicamente ostili al Cavaliere, da Lilli Gruber (Otto e Mezzo, 8 gennaio) a Michele Santoro (Servizio Pubblico, 10 gennaio). Al netto delle dispute sulle percentuali di voto che possano aver spostato le due ospitate, un dato resta oggettivamente agli atti: l’Aventino mediatico è lontano, Silvio Berlusconi sente il bisogno di un confronto a tutto campo, a tal punto da resistere perfino alla tentazione del “mi alzo e me ne vado”. Tentazione che sarà stata certo più forte di fronte alla incalzante Gruber che al complessivamente tiepido Santoro, anche in funzione del formato: in un’intervista, diventa meno facile operare coup de théâtre come l’occupazione dello scranno del giudice Travaglio. Il parallelismo, allora, va condotto semmai tra Gruber e Annunziata, e se la seconda nel 2006 (In Mezz’Ora, 12 marzo) ha scelto di non fare nulla per preservare il patto comunicativo con il suo indisponente interlocutore, a Lilli Gruber va riconosciuto il merito di aver tenuto botta, mantenendo alta ma sotto controllo la tensione comunicativa per tutta la durata dell’intervista. Il breve ma intenso scontro Berlusconi-Santoro può invece rimandare la memoria dell’analista a Il Raggio Verde del lontano 2001 (17 marzo): dopo il burrascoso scambio di battute (“Lei è un dipendente del servizio pubblico, si contenga!”; “Del servizio pubblico, ma non suo, appunto”) il leader dell’allora Polo delle Libertà, pur telefonicamente, rispose alle domande, anzi alle accuse dell’ex PM Antonio Di Pietro, sulle società off-shore da cui sarebbe nato il suo potere finanziario, sulle domande che i giudici di Palermo avrebbero dovuto rivolgergli sui finanziamenti Fininvest, o sui rapporti con Mangano, Dell’Ultri, Borsellino. Da questo punto di vista, il saldo è certo negativo, anche se la puntata è certo stata spettacolare, e a Santoro va comunque il merito di aver privilegiato la funzione fatica, di mantenimento del canale di comunicazione con il suo ospite, su quella enfatica della tanto vituperata telerissa. Resta da vedere, d’altronde, cosa resterà di questo episodio nei prossimi anni.

 

Mentre gli occhi degli analisti erano puntati su Santoro, d’altronde, qualche sorpresa veniva da Bruno Vespa. Che non solo tentava, lo stesso 10 gennaio, un’operazione di counter programming molto ardita per il suo stile di programmazione (Ruggiero, 2007), ma addirittura tentava il colpo di mano ospitando Bersani. Un segno? Forse. Specialmente nella misura in cui è finalmente andata in scena quella che può essere definita come la vendetta di Vespa. Se il 10 aprile del 2008 il conduttore era stato costretto a fungere da “spalla comica” di un Berlusconi che gli offriva la mano onde odorare il suo odore di santità (Prospero, Ruggiero, 2010), il 9 gennaio 2012 è Vespa a pungere il suo interlocutore. Non solo chiedendogli perché le promesse che ormai da un mese propone in ogni contenitore, politico e non politico, non corrispondano ad atti concreti compiuti in 10 anni di governo. Ma soprattutto stoppando la sua risposta nel più inaspettato dei modi: “Guardi, lei faccia così: lei muove la bocca, e gliela riassumo io, perché la conosco a memoria. Il governo non può farlo, perché il Presidente del Consiglio non ha poteri, nemmeno quelli di sostituire un Ministro o un Sottosegretario; dopodiché deve fare i conti con gli alleati, che nel suo caso sono stati infedeli; dopodiché va alle Camere, e le camere impiegano un anno e mezzo; dopodiché magari va al Presidente della Repubblica, il quale magari gli gira e non la firma, e quindi lo rimanda di nuovo al Parlamento; finalmente poi lo firma…” e qui viene finalmente interrotto dal suo interlocutore che chiama l’applauso in suo favore. Un episodio interessante, non solo e non tanto per il consueto dietrologismo che consente di leggere nel cambio di passo di Vespa un cambio del vento della politica (in omaggio al sesto senso del giornalista per l’individuazione del suo editore di riferimento); ma anche e soprattutto perché questo scambio di ruoli, significativo almeno quanto quello tra Berlusconi e Travaglio, significa la definitiva intercambiabilità del politico-comunicatore con il comunicatore-politico, e se il giornalista decide di svelare questo segreto significa che qualcosa sta cambiando.

 

Partendo dal presupposto, ben supportato da questa panoramica, che se la Tv riacquista il centro del dibattito politico-mediale un faccia a faccia, o un suo succedaneo, s’ha da fare, due strade, guardando al passato recente, sono a questo punto percorribili.

1. La riproposizione di un format antispettacolare come Leader a confronto – Elezioni 2006. Ripercorrere quindi quella strada che ha condotto al declino della videocrazia (Ruggiero, 2011) in termini di investimento comunicativo tanto dei politici quanto dei media-men sui contenitori informativi. Il clima sembra profondamente diverso, e d’altronde l’iper-regolamentazione dei tempi di parola non ha impedito (3 aprile) né a Berlusconi di chiudere il suo ultimo intervento con la bomba mediatica dell’abolizione dell’ICI, né a Prodi di impreziosire la sua ultima performance (Antenore, Bruno, Laurano, 2007).

2. Il tentativo di mettere in scena un terzo gioco delle parti, questa volta tutto politico. Alla proposta di un faccia a faccia, la risposta del Pd che appare più deludente suona “Il segretario in televisione solo con i candidati premier”. Ma questa strategia, implicitamente delegittimatoria, compie forse un enorme errore di smemoratezza. Se nel 1994 il novello Silvio Berlusconi vinceva il duello Tv con il suo avversario anche perché “dava per scontato di essere il futuro Presidente del Consiglio [mentre] Occhetto doveva barcamenarsi, tenendo conto delle molte riserve fuori e dentro della sua coalizione” (Pasquino, 2000, pp. 80-81), chissà che al termine del “ventennio berlusconiano” il Cavaliere non possa improvvisamente trovarsi nei panni della “vecchia” politica che ha contributo a demolire.

 

L'anno che sta arrivando tra un anno passerà
io mi sto preparando è questa la novità

  di Christian Ruggiero