Dolce Enrico ti scrivo…

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Uno dei nodi attorno ai quali si è concentrato il dibattito post-confronto tra i cinque candidati alle Primarie del centrosinistra è quello dei riferimenti ideali che Bersani, Renzi, Vendola, Tabacci, Puppato hanno collocato nel loro Pantheon personale.

Si tratta in effetti di un problema atavico per il centrosinistra italiano ai tempi della cosiddetta Seconda Repubblica. Lo schieramento avverso, quello berlusconiano prima ancora che di centrodestra, con la retorica del rinnovamento poteva fare a meno di un Pantheon, e pure vi inscriveva a tratti i soggetti più disparati – da Sturzo a Togliatti. Il primo leader a presentarsi alla prova del voto con un curriculum di ex comunista (Occhetto) perde la prova delle urne; due anni dopo, a prevalere è una coalizione che si riconosce in un leader “tecnico” come Romano Prodi, e cerca di introdurre la sottile distinzione tra un’anima centrista (rappresentata appunto da Prodi) e una “di sinistra” (rappresentata nel primo Ulivo da Walter Veltroni; vedi Veltroni 1995). La caduta di Prodi porta alla Presidente del Consiglio un figlio del PCI (Massimo D’Alema) ma anche uno del PSI (Giuliano Amato); quest’ultimo cede platealmente la scena ad un protagonista della “stagione dei sindaci” (Francesco Rutelli), che ancora una volta perde la sfida delle urne. Dopo cinque anni, Prodi vince ancora le elezioni e perde di nuovo la Presidenza del Consiglio, stavolta per cedere il passo a una nuova tornata elettorale; il tentativo di Walter Veltroni di portare al potere un partito unico del centrosinistra italiano è un sogno che si infrange contro la micro-coalizione-massima-vincente di Berlusconi (Morcellini, Prospero 2009).

Chi scrive ha sottolineato come nella sconfitta di Veltroni abbia pesato, tra i molti fattori di matrice più propriamente politica, un elemento prettamente comunicativo, relativo all’identità di quel Partito Democratico che si avviava verso il suo battesimo elettorale. In una campagna che ha guardato molto alla competizione statunitense, fino ad identificare lo slogan con quello di un Obama vincente e convincente, i riferimenti “interni” sono pochi e di difficile identificazione. In particolare, l’espulsione di Enrico Berlinguer dal Pantheon veltroniano appare come una contraddizione troppo forte, per uno che ha provato a spiegare la politica attraverso le parole dell’uomo dei “pensieri lunghi” (Veltroni 1994) prima che attraverso i video di Mandela e Giovanni Paolo II (Veltroni 2007). Il tentativo fallito di conquistare gli elettori di centro si riflette sulla disaffezione di quanti, a sinistra, non comprendono la necessità del “voto utile” e della perdita di un’identità difficile ma comunque condivisa (Rega, Ruggiero 2011). 

Il tema è d’attualità, e contribuisce alla discussione una lettera che Nichi Vendola affida a “la Repubblica” del 15 novembre: “La mia bussola”. Rispondendo alle critiche di Barbara Palombelli, Vendola ringrazia la giornalista per aver portato alla luce “la questione delle ‘radici’, del rapporto della sinistra con una storia con una tradizione insieme nobile e difficile. Una storia tessuta da donne e uomini … che fungono per me come una bussola, appunto, capace di orientamento, culturale e morale più ancora che politico”.

Mette in fila, in un bell’esercizio retorico, i suoi rifermenti ideali, la composizione “reale” del suo Pantheon personale: “ho imparato da Pasolini la critica corrosiva e anticipatrice della società consumistica volta ad un effimero benessere, da Altiero Spinelli l’idea fondativa di un’Europa come terreno di democrazia dei popoli, da Alex Langer la ricerca di una conversione di un intero modello di sviluppo sociale e da Enrico Berlinguer l’idea di sobrietà e moralità dell’agire politico”. Poi salda il suo debito di riconoscenza con Carlo Maria Martini, che gli ha insegnato “qualcosa di profondamente politico, perché riguarda il senso della vita e della morte, del diritto della persona dinanzi a esse e del ruolo e dei confini delle istituzioni”.

Avendo in mente questo complesso mosaico di riferimenti ideali, Vendola dichiara di aver evocato il Cardinale Martini in risposta “a una di quelle domande lampo che esigono risposte lampo secondo i canoni televisivi vigenti”. Ed è qui che sta il vulnus della sua bella lettera. Perché una bussola è uno strumento a cui dare un’occhiata fugace per orientare velocemente la propria rotta, ed evitare le insidie del mare – la bonaccia come la tempesta. Quindi, uno strumento assai adatto ai temi rapidi del confronto Tv. E se ha se ha diretto il suo ago proprio verso Martini, la ragione di quest’attrazione magnetico-etica merita una maggiore incisività.

di Christian Ruggiero