I tempi supertelevisivi del confronto su Sky tra i cinque candidati alle Primarie della coalizione di centrosinistra sembrano non aver impedito a ciascuno dei personaggi di esprimere in modo sostanzialmente riconoscibile il proprio pensiero su ognuno dei punti oggetto della trattazione (tasse, evasione fiscale, questione europea, occupazione, riforma del lavoro, Fiat, diritti civili, costi della politica, composizione della futura coalizione).
Ciò di cui si è sentito maggiormente la mancanza, in questo composito album del futuro centrosinistra italiano, è forse stata la dimostrazione da parte di coloro i quali si candidano alla sua guida di una strategia coalizionale di ampio respiro. Il primo riferimento è nella maggior parte dei casi all’ormai frustro cliché del governo composto in egual misura di ministri uomini e donne; in seconda battuta, viene espresso un aut aut (il no a Casini di Renzi e Vendola) o un riferimento a dinamiche regionali la cui estendibilità a livello nazionale è forse troppo sbrigativamente data per scontata (nel caso di Tabacci).
Anche nei riferimenti ideali (Papa Giovanni per Bersani, Carlo Maria Martini per Vendola), mancano del tutto, come già per Veltroni nel 2008, personaggi e storie che richiamino direttamente l’idea, l’identità di sinistra, o anche di centrosinistra dei candidati.
Sul versante delle singole performances, in un contesto forzato dal medesimo tempo di risposta ad una medesima domanda è interessante osservare come ogni candidato sia riuscito ad imprimere una propria connotazione personale ad un filo del discorso necessariamente standardizzato.
Renzi dimostra in due diverse occasioni un respiro internazionalista, impugnando la necessità di rifarsi a quel che di buono c’è sia nel modello fiscale statunitense sia nella gestione tedesca della “questione europea”. Si dimostra inoltre buon emulo della capacità obamiana di sfruttare l’emotività del linguaggio, con un appello ai giovani che “troveranno lavoro se conosceranno qualcosa, non se conosceranno qualcuno”, lanciato ancor prima di presentarsi, nell’appello finale, come “il desiderio di portare il futuro agli italiani”.
Bersani mantiene la sua autorevolezza, assume un atteggiamento da mediatore tra le diverse posizioni espresse dagli interventi precedenti, dimostra di avere una notevole capacità di elaborazione tempestiva di potenziali temi “a rischio” (come la posizione su Marchionne). Sulle alleanze è forse il più chiaro: la coalizione è composta dai partiti che hanno partecipato alle primarie, non precludendosi una certa mediazione con altre forze politiche a seconda delle istanze proposte. Da leader di coalizione quale intende mostrarsi anche l'arringa finale: “abbiate fiducia in me, e tutti insieme ne usciremo”.
Vendola conferma dal canto suo l’abilità di storyteller che lo contraddistingue, impreziosendo diverse risposte con metafore convincenti (“Fabbrica Italia, più che un libro è la copertina di un libro”) e lasciandosi andare ad un appello finale quasi in forma di poesia (“penso che…”).
Tabacci dimostra una volontà anti personalizzante, sottolineando il fatto di “offrire ragionamenti, non promesse”, e di chiedere un voto non per sé stesso, ma per l’operazione politica che rappresenta.
Puppato offre un’ottima prestazione, convincente soprattutto sul piano delle politiche del lavoro, macchiata solo dall’impossibilità, per mancanza di tempo, di argomentare quello che appare come un j’accuse verso i “poteri forti” della finanza (“Confindustria deve tirare fuori i suoi documenti…”). La sua scelta di indicare Nilde Iotti come personaggio ispiratore, denota la scelta di richiamare un certo imaginario e strizza cosi l’occhio all’elettorato femminile.
di Valerio Fuscaldo, Serena Gennaro, Marcello Mormino, Lucia Pietrapertosa, Daniele Pitrelli, Marta Proietti, Christian Ruggiero, Alessandro Testa