Lo spazio delle Primarie: tanto rumore per nulla?

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Alla vigilia del confronto che vedrà i cinque aspiranti al ruolo di candidato premier del centrosinistra a SkyTg24, il racconto delle Primarie si arricchisce di un elemento nuovo, un classico delle campagne elettorali nell’epoca della “par condicio”. Matteo Renzi denuncia il poco spazio concessogli dai Tg Rai di prima serata: “Il 60% dello spazio dedicato ai candidati alle Primarie va a Bersani, circa il 30% a Vendola. Io sto sotto al 10%” (Renzi: "Per me solo il 10% di spazio nei Tg". Lo staff: "Bersani è il segretario Pd", in “la Repubblica, 10 novembre).

 

Dall’analisi condotta dall’Osservatorio Mediamonitor Politica sui principali programmi di approfondimento e di infotainment (Ballarò, L’Infedele, Porta a Porta, Quinta Colonna, Servizio Pubblico, Otto e Mezzo, L’Arena, Domenica Live, Che tempo che fa)[1], però, il panorama appare decisamente diverso.

Il più attivo sui palchi del talk generalista è infatti di gran lunga proprio Matteo Renzi, con quattro presenze nelle prime due settimane di monitoraggio (25 ottobre – 7 novembre): Servizio Pubblico, 25 ottobre; Ballarò, 30 ottobre; L’Infedele, 5 novembre; Porta a Porta, 6 novembre. A completare uno schema che appare perfettamente opposto a quello presentato dal sindaco di Firenze in riferimento ai telegiornali, Pier Luigi Bersani compare in un’unica occasione, peraltro ben poco istituzionale: L’Arena del 28 ottobre. Al secondo posto, in rimonta di presenze dopo la lunga attesa del giudizio della Procura di Bari, si posizione invece Nichi Vendola, che scende in campo a Che tempo che fa il 29 ottobre e raddoppia a Otto e Mezzo il 1° novembre. Ultimi in classifica, gli “outsider” Bruno Tabacci e Laura Puppato, che realizzano una sola ospitata, rispettivamente a Otto e Mezzo del 30 ottobre e a Ballarò del 6 novembre.

 

A questo “riequilibrio” dei tempi televisivi, peraltro, fanno seguito performances molto diverse, che rendono ancor più interessante il tentativo di andare al di là del mero minutaggio che pure non manca di essere oggetto di ogni contesa elettorale.

 

Matteo Renzi, infatti, sembra difendere il suo podio con un appeal televisivo complessivamente limitato. A Servizio Pubblico, provocato da Luisella Costamagna con una lista di “cose in comune” con Massimo D’Alema, riesce discretamente a smentire punto per punto le “accuse”, ma non a mettere a fuoco in maniera chiara e decisa la differenze tra le sue idee e/o azioni concrete e quelle del “vecchio” D’Alema. La linea di difesa per cui: “La classe politica di centro-sinistra ha fallito e va cambiata. Solo io ho chiesto il ricambio generazionale nel partito” appare decisamente debole in termini propositivi.

La presenza a Ballarò il 30 ottobre offre qualche segnale di ripresa. Renzi tesse un racconto lungo quanto l’intera puntata, riconducendo le elezioni siciliane e il “caso Sallusti” alla medesima impasse di una classe politica allo stremo. Sul versante della critica alla “Casta” si confronta alla pari con Federica Salsi, militante del MoVimento 5 Stelle che accompagna il ruolo di “vincitrice morale” delle consultazioni siciliane con una performance brillante. Nel confronto, esce vincitore su un piano fondamentale come quello del linguaggio, imponendo uno slogan in contrasto con l’etica “distruttiva” del grillismo, e piuttosto in linea con la prima, travolgente campagna obamiana: “il centrosinistra deve dare speranza ai cittadini con proposte concrete”.

A far scendere le quotazioni televisive del sindaci di Firenze pensa, all’inizio della seconda settimana di campagna, l’ambiente complessivamente ostile che Renzi trova a L’infedele. Particolarmente ficcante la critica di Lella Costa, che contrappone al mantra di un “concetto di rottamazione come necessario ricambio, è un fattore condiviso dal 99% delle persone” un problema di dialettica tra forma e contenuti, che nel programma di Renzi non coinciderebbero affatto, e un problema di competenze e di credibilità che questo non ha a che fare con l’anagrafe (“anche perchè, paradossalmente, la carriera di Matteo Renzi, che è molto giovane, però in politica ci ha passato metà della sua vita, no?”).

Non va meglio a Porta a Porta del 6 novembre. Invitato a commentare in collegamento le elezioni americane, Renzi lascia la puntata all’una di notte, prima che il dibattito entri veramente nel vivo, e – al netto della dichiarazione riportata sulla stampa per cui “Obama è simbolo di una speranza che continua” –  il suo contributo al dibattito si riduce a tre brevi interventi, in due dei quali si scontra con l’ex ministro Antonio Martino. Ancora una volta un rappresentante della “vecchia” politica non manca di sottolineare la sua competenza rispetto al “rottamatore” Renzi, smentendo prima (con esempi circostanziati contro le vaghe affermazioni del sindaco di Firenze) che i candidati alla presidenza USA abbiano espunto l’Europa dalle loro agende, e attaccando poi con grande veemenza uno spunto polemico attorno alla sua presunta definizione di “stalinista”.

 

Al contrario, particolarmente vivace appare l’unica performance di Pier Luigi Bersani in un contesto “difficile” per un politico “istituzionalizzato” come L’Arena.

Il Segretario del Pd riesce a mettere a segno almeno due punti sul versante della comunicazione efficace. Primo, sciogliendo la questione della fiducia in Monti con una battuta a effetto (“a me tutte le mattine mi fanno il prelievo del sangue e mi misurano il tasso di montismo che ho”). Secondo, prendendo apparentemente in contropiede il conduttore, e stappando un applauso al pubblico proprio sul tema più delicato. Interrogato sulla “qualità” della sua età anagrafica, sui suoi 61 anni, Bersani sceglie di “inchiodarla”, non come risposta a Renzi, ma per un motivo televisivamente più alto: “è un buon compleanno a Benigni, che ne ha compiuti 60 ieri”.

 

Nichi Vendola, aggiuntosi in un secondo momento alla corsa per le primarie, ospitato a Che tempo che fa del 29 ottobre, ripropone la retorica di rottura, già ampiamente utilizzata dal leader di Sel nelle scorse campagne elettorali. Vendola si pone cosi come colui che si batte per “la modernità”, e “il cambiamento”. La narrazione di Vendola, che si definisce “Davide contro Golia”, diventa cosi un racconto del suo programma per il cambiamento che parte spesso dalla propria esperienza personale, per approdare agli operai in cassaintegrazione, alle famiglie, ai diritti. Il racconto dei successi ottenuti in questi anni in Puglia viene portato come esempio della sua capacità di governare. Non manca la stoccata contro Renzi “le sue idee sono vecchie e antipatiche”, strumentale per distanziarsi dalla retorica del nuovismo proposta dal sindaco di Firenze. La volontà di Vendola di definirsi lontano dalle élite e vicino al paese reale restituisce un immagine convincente e trasparente del candidato, in particolare alla luce della sua recente assoluzione.

 

Infine, non brillano le performance uniche degli “outsider”.  Laura Puppato a Ballarò del 6 novembre viene sostanzialmente ignorata, anche dal conduttore. All’interno di una performance fin troppo “educata” per il talk italiano, si inserisce bene in un contesto tradizionalmente attento ai temi economici, ma presentandosi come “una piccola imprenditrice del Nord-est” rischia di evocare il fantasma del partito veltroniano di operai e imprenditori. Bruno Tabacci, ospite insieme ad Alessandra Mussolini ad Otto e Mezzo il 30 ottobre, propone ai telespettatori l’immagine di candidato tipicamente istituzionale. Poco o nessuno spazio viene lasciato all’emotività e il dibattito verte in prevalenza su temi legati alla politica economica che il candidato, attualmente assessore al bilancio al comune di Milano nella giunta di Pisapia, dimostra di trattare con capacità e serietà. Un completo appoggio da parte di Tabacci va al governo Monti, al suo operato economico e alla credibilità internazionale di cui gode.

   

Il Punto su Sky Tg 24 e Rai News

 

Mentre la polemica lambisce i telegiornali del Servizio Pubblico, qualche nota è d’obbligo rispetto ad una tipologia di servizio informativo per molti versi più in linea con i pubblici del neogiornalismo.

RaiNews e SkyTg24, oggetto di una rilevazione parallela, hanno focalizzato l’attenzione su quella che poteva essere una horse race tra Pier Luigi Bersani e Matteo Renzi, e non hanno voluto, in queste prime due settimane, allontanarsi da questa cornice interpretativa.

Renzi viene citato molte volte come il “Rottamatore”, ed intervistato solo su temi riguardanti le Primarie – confermando in parte la sovraesposizione di Bersani, che invece viene chiamato naturalmente a commentare anche tematiche di più stretta attualità politica

Il Segretario del Pd riesce a rimanere impassibile anche di fronte alle domande più insidiose dei giornalisti: parla di programmi e possibili soluzioni alle diverse issues su cui è chiamato a dare la sua opinione; usa un linguaggio semplice e diretto. Il sindaco di Firenze invece si cala a perfezione nel ruolo del provocatore, commenta qualsiasi critica con ironia (su Grillo ad esempio: “Per dire che Firenze affoga nei debiti bisogna non capire di nuoto oppure non capire di economia. Grillo nuota benissimo, forse si riferisce alla sua traversata nello stretto di Sicilia”); tuttavia, non cita nessun suo progetto concreto.

Nel corso della seconda settimana di rilevazione, fa la sua entrata in scena Nichi Vendola. Ma l’impostazione scelta dai due telegiornali e il linguaggio articolato e complesso del presidente della Regione Puglia non contribuiscono a dargli visibilità (“In questo momento penso di cominciare la cavalcata delle primarie. Sono stato molto, diciamo, frenato. L’idea di poter essere confuso con un qualunque Fiorito mi dava molto dolore, questo mi ha trattenuto molto. Cercherò di trasformare lo svantaggio in un vantaggio. In fondo nella mia vita precedente sono sempre stato un po’ come Davide contro Golia. Ora ho due Golia contro cui, anzi, con cui vivere la sfida delle primarie. Insomma spero che anche questa volta vinca Davide”).

Nessuna menzione, invece per Laura Puppato e Bruno Tabacci: non sono nominati nei né nei servizi chiusi né vanno in onda le loro dichiarazioni. Sky Tg 24 li nomina solo sabato 3 novembre quando viene annunciato il confronto che si terrà il 12 novembre tra tutti i candidati delle Primarie.

   

Amarcord. Note sul confronto a SkyTg24

 

SkyTg24 presenta anzitutto il confronto tra i cinque candidati alle Primarie del Pd come una questione di regole. Ben 13 quelle destinate a fare da cornice al confronto: 1. Il conduttore presenta la "carta d’identità" dei candidati; 2. Il conduttore illustra le regole del confronto;
3. I candidati sono in piedi di fronte ad un podio personale con leggio trasparente e potranno muoversi verso il pubblico; 4. La posizione dei posti in studio e l’ordine delle risposte è stabilita da un sorteggio; 5. Il tempo di risposta è uguale per tutti i candidati; 6. Ogni risposta potrà avere durata massima di 1 minuto e 30 secondi; 7. Sono previste anche “domande veloci” con risposte di durata massima di 1 minuto; 8. In caso di replica, esplicitamente richiesta da uno dei candidati, il tempo a disposizione è di 1 minuto come per l’eventuale controreplica. Ogni candidato può richiedere un massimo di 3 repliche; 9. Durante l’appello finale il candidato non potrà citare gli altri partecipanti. Qualora lo facesse, gli altri avranno la facoltà di chiedere 1 minuto di replica che verrà concesso a giudizio del conduttore;
10. Sono previste domande “in comune” e domande rivolte ad uno singolo partecipante; 11. Ogni partecipante ha diritto a un uguale, numero di posti nel pubblico in studio per i propri sostenitori; 12. Ogni comitato  sostenitore indicherà una persona nel pubblico che potrà rivolgere una domanda indirizzata ad un candidato definito da sorteggio; 13. In  studio sarà presente un orologio, che scandirà il countdown, visibile ai telespettatori.

 

Pericolosamente simili a quelle che, nel tentativo di arginare la dialettica berlusconiana e facilitare il lento argomentare prodiano nel 2006, riuscirono a far fallire la mission di una serie di incontri potenzialmente in grado di avvicinare la narrazione della campagna elettorale all’italiana al tanto decantato stile americano.

 

 

di Valerio Fuscaldo, Serena Gennaro, Marcello Mormino, Lucia Pietrapertosa, Daniele Pitrelli, Christian Ruggiero, Alessandro Testa



[1] Sono state escluse dal monitoraggio le trasmissioni mattutine come Omnibus e Agorà, tipicamente dedicate al dibattito politico in assenza dei candidati. Nella seconda settimana di rilevazione, tuttavia, questa scelta di è scontrata con la scelta di Matteo Renzi di partecipare ad Agorà e di Nichi Vendola di essere presente a Omnibus il 9 novembre – peraltro all’inizio della terza settimana di rilevazione.