“Era quel dolo eventuale prefigurato dai magistrati di Torino ciò che rendeva storico il processo sulla improvvisa fuoriuscita di olio bollente che all’una e 43 secondi del 6 dicembre 2007 bruciò la vita di sette operai della Thyssenkrupp … non la morte atroce di sette padri di famiglia. Sembra cinico dirlo, ma è così”, commenta l’inviato del Corriere della Sera presentando la sentenza contro i dirigenti dell’azienda siderurgica tedesca.
Le reazioni che arrivano in questo week end prepasquale, tuttavia, sollecitano un’altra ipotesi, ancor più cinica. I sindacati esprimono soddisfazione per l’indubbia svolta nel campo dei processi sulle tragedie sul lavoro, la Confindustria preoccupazione circa le possibilità di collaborazione futura con l’azienda teutonica. Dalla politica, salvo Di Pietro, sono poche le voci a levarsi. Eppure il rogo della Thyssen fu politicizzato al punto che Veltroni, nel 2008, si fece bandiera dell’unico sopravvissuto della “squadra 5”, Antonio Boccuzzi, che attualmente siede in Parlamento tra le file del Pd. Che sulla vicenda pesi, su tutto l’arco costituzionale, quel cartello “Rogo Thyssenkrupp: nessuna giustizia” sollevato in occasione dell’approvazione del processo breve?