Come interpretare le parole “dal sen fuggite” al Presidente della Camera Gianfranco Fini in occasione della giornata finale del “Premio Borsellino” a Pescara lo scorso 6 novembre, e prontamente riprese e amplificate da RepubblicaTv?
I politici che abitano la società dell’immagine sono ormai abituati ai rischi che la visibilità creata dai media audiovisivi riserva loro: come nota Thompson, essa “può trasformarsi nella fonte di un nuovo e particolare tipo di fragilità. A prescindere da quanti sforzi essi compiano, i leader politici non sono in grado di controllare completamente la loro visibilità; l’immagine di sé che trasmettono può sfuggire loro di mano e talvolta persino andare a loro svantaggio” (1998, p. 198).
A fronte di una comunicazione certo più coinvolgente, il leader politico si trova dunque nella condizione di dover sviluppare pratiche efficaci di autogestione della propria immagine, che si rivelano essenziali per la sua stessa sopravvivenza entro i canoni della politica-spettacolo (Statera, 1986). Le analisi più tradizionali su tali aspetti tendono a mettere in luce episodi in cui il tentativo del leader di controllare il rapporto tra ribalta e retroscena si rivela un fallimento. Ancora Thompson (1998) fornisce un elenco di “rischi della visibilità”, che vanno dalla gaffe all’eccesso, dalla fuga di notizie allo scandalo. Più pragmaticamente, Bentivegna (1997) ricorda come un furtivo sguardo all’orologio incorniciò la performance di George H. W. Bush durante un dibattito presidenziale restituendo l’immagine di un candidato in difficoltà che non vedeva l’ora di allontanarsi da una situazione difficile.
Più rari sono gli esempi indicati come gestione efficace della gaffe, dei quali è possibile citare le prime analisi sulla discesa in campo di Silvio Berlusconi in quanto “re Fustino”, concretizzazione dell’immaginario stracommerciale (Abruzzese, 1994) e “portavoce ed interprete di un immenso gruppo dei pari” rappresentato dagli italiani in qualche misura coltivati dalle “sue” Tv commerciali (Statera, 1994).
In un contesto radicalmente diverso, le dichiarazioni “rubate” al Presidente della Camera possono costituire un esempio calzante di autogestione della propria immagine. Per un leader che ha certamente sofferto l’assorbimento della forza politica di cui era portavoce entro la più ampia compagine berlusconiana, e si è caratterizzato nel corso della legislatura per la difesa delle istituzioni repubblicane contro lo strabordante protagonismo del Premier, un’immagine “avversaria” temperata dalla presunta involontarietà delle dichiarazioni potrebbe costituire una strategia quantomai eloquente di posizionamento. E un’operazione innovativa di costruzione di un palcoscenico laterale (Meyrowitz, 1985), uno spazio a metà tra ribalta e retroscena in cui poter usufruire dei vantaggi di entrambi i setting di messa in scena del proprio ruolo politico.