Referendum 2016: un conflitto asimmetrico

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La prima settimana di rilevazione dell’Osservatorio Mediamonitor politica sulla par condicio nei telegiornali della sera in riferimento alle posizioni del Sì e del No in vista del Referendum del 4 dicembre 2016 conferma i primi, interessanti, spunti emersi. Il dato numerico in sé e per sé racconta una storia, che vede il No protagonista, con 4.359 secondi contro i 2.960 del Sì, dietro la quale occorre scavare almeno un po’, per portare alla luce la profonda “asimmetria”, inversa a quella dei numeri, nella formazione degli schieramenti.

 

Per il Sì, è chiaro l’ordine di scuderia che prevede la presenza sulla scena, e soprattutto la presa di parola, di un ristrettissimo numero di soggetti: il Presidente del Consiglio Matteo Renzi, il Ministro per le Riforme Costituzionali Maria Elena Boschi, e pochi rappresentanti del PD, la cui copertura mediale è sempre a dir poco residuale.

 

La sostanziale assenza di Renzi pesa moltissimo sui tempi del Sì registrati per lunedì 17 (321 secondi contro i 648 del No), mercoledì 19 (315 secondi contro i 953 del No) e venerdì 21 (130 secondi contro i 342 del No). Il pochissimo spazio dato ai suoi “supplenti” (Carbone e Lotti conquistano 58 secondi di tempo parola lunedì 17, Richetti e Fiano 90 secondi di tempo parola mercoledì 19, Orlando appena 17 venerdì 21) giustifica il “sottodimensionamento” del Sì come frutto di una strategia precisa, ma anche delle difficoltà di gestione informativa della “Armata Brancaleone” che compone il fronte del No.

 

Lunedì 19, 410 dei 648 secondi del No sono appannaggio del MoVimento 5 Stelle, e delle numerose dichiarazioni di Beppe Grillo e Luigi Di Maio. Mercoledì 19 e venerdì 21, rispettivamente 346 secondi su 701 e 194 secondi su 342 sono a disposizione di Silvio Berlusconi.

 

Più equilibrata la situazione per martedì 18 e giovedì 20. Ma se nel secondo caso si tratta semplicemente di scarso rilievo dato al tema Referendum (649 secondi complessivi, di cui 390 per il No e 304 per il Sì, sempre tenendo conto che la rilevazione Mediamonitor sceglie di non considerare i cosiddetti tempi “neutri”), quel che accade martedì 18 è pura strategia di visibilità mediatica. Nel giorno in cui Matteo Renzi è ospite del Presidente degli Stati Uniti, e può cogliere l’occasione di quel palco internazionale e del sostanziale endorsement del leader del mondo libero (raccogliendo un corrispettivo di 622 secondi, di cui 243 di tempo parola), Silvio Berlusconi rilascia un’intervista di grande eco mediatica al Tg5, e “risponde” con 621 secondi complessivi per il No, di cui 259 di tempo parola.

 

Le due strategie si confrontano con particolare evidenza sabato 22, quando il No si impone sul Sì per 933 secondi a 765: le vele del No sono gonfiate da Berlusconi (475 secondi complessivi di copertura, di cui 191 di tempo parola), quelle del Sì da Renzi e Boschi (624 secondi complessivi, di cui 300 di tempo parola). L’ago della bilancia sembrano essere, per una volta, i 121 secondi della “minoranza Dem” (121 secondi, di cui 40 di tempo parola, monopolizzato quest’ultimo da D’Alema).

 

Infine, il Sì raggiunge e supera i tempi del No domenica 23: 503 secondi a 472. Complice anche l'intervista del Presidente del Consiglio dal Lucia Annunziata, il duo Renzi-Boschi raccoglie 406 secondi su 506, di cui 188 di tempo parola (il resto va ad Alfano e Casini, per un totale 87 secondi, e a Orfini, per 10 secondi. “Sparito” Berlusconi, il tempo registrato per il No fa capo anzitutto al MoVimento 5 Stelle (251 secondi su 472 totali, in buona parte coperti da Di Maio) e alla Lega (115 secondi, in buona parte coperti da Salvini). Seguono Meloni e Parisi (per complessivi 73 secondi). Fanalino di coda la Minoranza Dem (32 secondi in tutto per D'Alema e Cuperlo).

 

Alla luce di questi dati, relativi alla sola prima settimana di rilevazione, la campagna per il Referendum 2016 appare come una sfida tra i due leader più “comunicativi” della storia dell’Italia Repubblicana, dunque. Resa asimmetrica dalla possibilità per il fronte del No di conteggiare (se non di contare) sulla notiziabilità di altri soggetti, primo fra tutti il M5S, a fronte di una “cabina di regia” forte e governo-centrata del Sì.

 

di Christian Ruggiero