È ingiusto con se stesso Grillo a dichiararsi non democratico durante le consultazioni tra Partito Democratico e MoVimento 5 Stelle. Soprattutto perché il cuore del suo discorso non è antidemocratico, è antipolitico, e nello specifico antiparlamentare. Ma una domanda rimane: cosa ci fa una forza politica antiparlamentare in Parlamento? Vive – e prospera – della sua stessa presenza. Di una coerenza che, sarà la lente a volte distorta del video, si fa format.
Questo elemento diviene evidente nel momento in cui le seconde consultazioni tra il Partito Democratico e il MoVimento 5 Stelle, il 19 febbraio 2014, si svolgono secondo un copione che ricorda sin troppo quelle del fatidico 27 marzo 2013. Meno di un anno fa, alla sinistra dello schermo stavano Bersani e Letta, a destra Vito Crimi e Roberta Lombardi, più altri esponenti del MoVimento alle loro spalle; oggi a fronteggiarsi sono Renzi e Grillo, con accanto rispettivamente due e quattro “padrini” il cui ruolo è quello del diversivo rispetto al duello in corso al centro della scena. La potenza comunicativa dei duellanti è enormemente diversa, e così l’efficacia comunicativa delle stoccate che riescono a segnare uno nei confronti dell’altro. Ma questo è tutto.
Sul piano comunicativo, le consultazioni 2014 sono certo più godibili, lasciano spazio ad un reale dibattito su chi abbia vinto e chi abbia perso.
Renzi apre sulla difensiva con un “Non vi chiediamo alcun accordo vecchio stile”. Una scelta in sé comprensibile, salvo che in una delle prime frasi il leader del Pd si incarta su quale espressione, fra aver “fatto ostruzionismo” e “votato contro”, meglio descriva il comportamento del MoVimento 5 Stelle rispetto al DdL Del Rio sulle Province. Che, se letto come affermazione polemica, vanifica l’effetto dell’apertura “soft”; se letto come una sua continuazione, lascia spazio ad un atteggiamento al limite del remissivo.
Grillo sferra l’attacco più duro nella prima parte del colloquio, quando i toni sono ancora bassi, quando nessuno dei due contendenti ha ancora avuto modo di battibeccare con uno dei “padrini” dell’altro. Quindi, quel “Tu rappresenti le banche, i poteri forti. Dici una cosa, poi la smentisci il giorno dopo. Sei un ragazzo giovane, ma al tempo stesso vecchio” appare ancor di più come un’affermazione al di fuori della contesa, una constatazione più che altro.
Il leader del MoVimento 5 Stelle è anche bravo a rispondere al tentativo di Renzi di stuzzicarlo e al tempo stesso delegittimarlo attraverso il ricorso al riferimento, diretto e metaforico, allo spettacolo. Para la stoccata dell’avversario, “Questo non è il trailer del tuo show… non so se sei in difficoltà sulla prevendita”, e va all’affondo: “Li fai tu gli spettacoli in televisione, non li faccio io. Sai che ogni volta che giro canale ci sei, e fai la macchietta…. Una volta dici mai fare le scarpe a Letta, e poi è successo quello che è successo… Mai andare al governo senza le elezioni, poi dici entro il 15 la riforma elettorale…”.
Renzi dà invece il meglio di sé sul finale, quando, stanco delle continue interruzioni di Grillo, afferma “Sei un incrocio tra Gasparri e la Biancofiore in questo momento”, e, apertosi un varco tra il fiume di parole del contendente, lo colpisce sul punto più debole e al tempo stesso riesce a far passare il suo messaggio, il suo programma, che l’altro non vuole assolutamente ascoltare: “Sei qui perché il tuo popolo sul tuo blog ti ha detto che dovevi venire quando tu avevi detto il contrario … in 30 secondi ti dico: noi vogliamo superare le Provincie, il Senato, e il Titolo V della Costituzione”.
Buona anche l’ultima stoccata, mandata a segno pochi secondi prima di alzarsi dal tavolo: “Esci da questo blog, Beppe, esci da questo streaming! Questo è un luogo dove c’è il dolore vero delle persone, smettila su questo tema. C’è bisogno di affrontare le questioni reali”. Una battuta che ha certo lasciato il segno, e al tempo stesso un’accusa che nel lungo periodo potrebbe realmente farsi pesante, se l’opposizione del MoVimento si contrapponesse a un vero “governo del fare”.
Ma qui torniamo al piano politico. E su questo piano, non possiamo che registrare lo svuotamento di senso dello strumento stesso delle consultazioni, ormai poco più di un palco per consentire al “partito di Grillo” di rivendicare la sua profonda estraneità dal sistema dei partiti, la sua incomunicabilità con la politica tradizionale che diviene, mcluhaniamente, mezzo e messaggio della sua azione politica. Da questo punto di vista, poco conta che attorno al tavolo ci siano Bersani, Crimi e Lombardi, o Renzi e Grillo. Le differenze sono nella performance (tele)visiva. Solo se Renzi, forse già un po’ più grigio dopo le parole di Grillo, saprà muoversi sul piano della politica di governo altrettanto bene che su quello della politica sub specie comunicationis, potrà realizzare una vittoria contro Grillo. Una vittoria della politica contro l’antipolitica, perché nell’accettazione di un procedimento tutto di Palazzo come quello della staffetta sta una scelta di campo ben precisa. Evitare d’ingrigire, essendo parte dell’apparato, questa è la sfida.
di Christian Ruggiero